Test Drive: Dacia Duster 1.5 Blue dCi 115 CV 4×4 Techroad, un SUV non solo low cost
La prima novità è proprio l’auto che abbiamo provato: Virtual Car, in 15 anni di presenza nel web, non aveva mai testato una vettura “alta” per i suoi Long Test Drive. E forse non è un caso: la Dacia Duster 1.5 Blue dCi 115 CV 4×4 Techroad rappresenta un modello abbastanza unico nel panorama dei cosiddetti SUV, per più di un motivo. Intanto, c’è la filosofia generale: la prima Dacia Duster, un successo anche nel mercato italiano, ha svolto dal 2010 al 2017 il ruolo di SUV low cost di successo, mettendo proprio l’accento sulla realizzazione economica ma efficace, con l’essenzialità delle linee esterne e l’integrazione intelligente di porte e cofani per creare un volume solido e coerente nel modo più semplice possibile. Un dettaglio significativo è la soluzione del gruppo ottico posteriore, la cui prosecuzione nel portellone, normale in una vettura più costosa, era sostituita da una semplice ma coerente sporgenza nella lamiera. Il tutto su una base meccanica non nuovissima, ma economica ed affidabile.
Oggi la seconda generazione della Dacia Duster, modello di design per tutti i nuovi modelli del marchio rumeno by Renault, è segno di una nuova direzione della gamma: più che al low cost come filosofia assoluta, si punta ora alla ricerca del miglior rapporto prezzo-prestazioni, con un prodotto che rimane economico, ma che acquista dettagli che strizzano l’occhio alle attuali tendenze automobilistiche. Qualche vezzo in più, insomma, un po’ più di tecnologia, sempre riuscendo a contenere i costi: la calandra a segmenti cromati (ormai diffusissimi) più rifinita, i fari e i gruppi ottici posteriori con luci a LED che restano accesi all’apertura e alla chiusura del veicolo, la forma con i quattro riquadri delle luci posteriori, ormai tipica firma delle nuove Dacia. E in più, per la versione speciale Techroad, top della gamma Duster ma anche degli altri modelli Dacia per la durata di un anno, gli inserti color metallo negli scudi che richiamano le barre paraurti dei fuoristrada, le modanature scure e il battitacco, le decorazioni nella zona inferiore delle portiere, le barre sul tetto con il tipico logo in evidenza, e altro ancora. La Duster, insomma, è diventata anche elegante.
Il ruolo del design, quindi del rapporto forma funzione, ha un gioco importantissimo in questo genere di progetti, e lo si vede sicuramente dagli interni: la soluzione cromatica della bella carrozzeria rosso fusion (un nuovo colore per Duster) della versione provata, viene ripresa dalle tonalità dei sedili, morbidissimi, dove compare il nome del modello come nelle più classiche fuoristrada. Tutte le parti in plastica sono, di fatto, rigide, però sono disegnate in modo coerente, e montate con precisione: basti guardare la soluzione delle bocchette circolari, semplici ed efficaci, qui con l’elemento di finitura centrale in colore carrozzeria, le finiture di bocchette e volante cromate, quelle in color carrozzeria attorno alla leva del cambio e nei fianchetti porta, o le impunture in tinta, oppure la piccola mensola, rivestita in gomma, che si forma a destra tra la parte superiore della plancia e l’area morbida che ospita l’airbag passeggero. Niente a che vedere con SUV più ricercati, ma neanche l’impressione di avere speso male i propri soldi, complice anche un po’ di tecnologia recente, come il clima monozona ma automatico o lo schermo del rinnovato sistema multimediale e di navigazione, il nuovo Media Nav Evolution compatibile con Apple CarPlay e Android Auto, del quale abbiamo apprezzato soprattutto la velocità nel recepire i comandi. In questa versione ci sono anche l’avvisatore di angolo morto in entrambi gli specchietti esterni, e il sistema keyless di scuola Renault.Nella Duster si sta comodi anche a pieno carico, con un sedile posteriore morbidissimo e un buon assorbimento delle sospensioni, che ricorda un po’ quello delle Renault di generazione precedente all’attuale. Quanto al bagagliaio, a filo di cappelliera non è enorme (411 litri, qualcosa meno della versione 4×2), ma è ben sfruttabile ribaltando il sedile, fino a 1444 litri, ed ha il piano di carico non bassissimo, ma a filo dell’apertura. La gestione dello spazio, insomma, è migliore che in altri SUV grazie alle forme regolari, anche se non quanto in una monovolume: l’impressione è che non si riesca a sfruttare del tutto la parte inferiore dell’altezza complessiva, utilizzata per scopi diversi dal “carico”.
Se questo è l’impatto generale della vettura, come va su strada la Duster? Sfoderiamo un po’ di numeri: la sua lunghezza è di 4.341 mm e la larghezza di 1.804 mm, quindi qualcosa meno di una Megane berlina due volumi, ma supera i due metri con gli specchietti; se però una Megane è alta circa 1,44 m, la Duster la supera con 1.693 mm, comprese le barre sul tetto. Nella sostanza, si gestisce molto bene la lunghezza anche nei parcheggi, mentre la larghezza non è altrettanto semplice da controllare, complice la fiancata alta, la linea di cintura che tende ad alzarsi verso la coda come in molte Renault, e soprattutto la muscolosità accentuata a livello dei parafanghi. I pregi di visibilità della vettura alta, insomma, si scontrano con la difficoltà nella percezione degli ingombri: in questo senso, appaiono indispensabili le telecamere, che sono ben quattro, e sono comandabili da un piccolo pulsante nella plancia, o inserendo la retromarcia per quella posteriore, e da specifici selettori sullo schermo. Abbiamo utilizzato moltissimo, ad esempio, le telecamere laterali, soprattutto in fase di parcheggio, o di passaggi stretti: una funzionalità che probabilmente è nata per i terreni impervi nel fuoristrada, ma che alla fine si rivela forse ancora più utile in città.
Ecco, la città. A nostro parere, la Duster non è il mezzo ideale né per la città, proprio per la gestione degli ingombri -a meno di non desiderare una vettura dai cerchi Maldive diamantati da 17” con coprimozzo rosso per salire e scendere dai marciapiedi, facendosi aiutare da sospensioni e dall’ampio gioco con il parafango. Probabilmente non è adatta neppure per l’autostrada, perché anche qui l’assetto morbido e la sezione frontale enorme, ma anche la logica della meccanica, non favoriscono il “piacere” di guida su strada asfaltata. Una curiosità: la Duster è piuttosto sottosterzante, al punto tale che rilasciando anche parzialmente l’acceleratore in una curva, la vettura tende a stringere in modo piuttosto evidente. Il 1.461 dCi turbo diesel di Renault da 115 CV 8 valvole K9K è un motore che non ha bisogno di presentazioni: affidabilissimo e montato su un numero elevato di modelli, ha coppia massima non troppo in basso (260 Nm a 2.000 giri/min); certo, il peso di 1.483 kg, la sezione frontale molto ampia e il cambio meccanico a 6 marce specifico, con le prime due marce molto corte, non permette di ottenere le prestazioni che lo stesso motore consente su altri modelli -i volari dichiarati, a titolo di confronto, sono di circa 175 km/h di velocità massima, e di 12,1 secondi per passare da 0 a 100 km/h. Va detto, in verità, che sia in città che in autostrada la Duster mantiene una certa comodità e una discreta silenziosità, a parte un po’ di rumore proveniente ogni tanto dal motore e soprattutto dal differenziale centrale. Per lo sterzo, simile ai vecchi elettrici Renault ma con indurimento progressivo aumentando la velocità, e per la frenata con un impianto misto dischi-tamburi, la raccomandazione è di agire sempre con un leggero anticipo rispetto ad altre vetture della stessa categoria. In ogni caso, non si ha l’impressione di essere su una modello costruito o rifinita con approssimazione: la Duster è sicuramente una vettura onesta.
Dove però la Duster, secondo noi, dà il meglio di sé, si rivela nel nome stesso, che richiama una strada polverosa, come un acciottolato o una strada bianca. Quindi, niente di meglio che portare la Duster in alcune strade sui marmi delle Alpi Apuane, tra la provincia di Massa-Carrara e la Garfagnana. A parte la bellezza dei luoghi, nei quali la Duster è nel suo habitat ideale, ci sono le quattro ruote motrici, eventualmente bloccabili in rapporto 40/60, che non servono per la velocità, dove la Duster è comunque una trazione anteriore oltre gli 80 km/h, ma proprio per districarsi in situazioni di bassa aderenza. Anche il fondo è parzialmente carenato, e la forma dello scudo anteriore favorisce l’angolo di attacco frontale. In più, oltre alle citate telecamere, i sistemi di assistenza in salita e in discesa (quest’ultima entro i 60 km/h), offrono le giuste soddisfazioni: la vettura si muove con disinvoltura nella campagna o nella montagna non estrema, in estate come nella nostra prova ma anche nella stagione invernale, con due innegabili vantaggi. Il primo è il consumo: sono dichiarati 4,7 l/100 km in modalità Eco (selezionabile con un pulsante), che tra l’altro nella guida normale fa perdere un po’ di ripresa, ma in maniera accettabile. Nella guida mista urbana, extraurbana, autostradale e in fuoristrada leggero, la Duster ha consumato circa 6,3 l/100 km, ma in tante situazioni, con il cruise inserito e a velocità costante ad esempio, si ottengono medie sensibilmente più basse e percorrenze elevate, con circa 50 litri di serbatoio, nonostante i rapporti del cambio costringano il motore a girare sempre un poco in alto. Oltretutto, la Duster si attiene alle ultime normative sulle emissioni inquinanti, e quindi dispone di un secondo serbatoio da riempire con lo specifico reagente. L’altro vantaggio è il prezzo d’acquisto: anche caricando la vettura di tutti gli optional, non si va oltre i 22.000 euro, partendo da 20.900 euro. Questo dato non solo fa cambiare la prospettiva, tenendo conto del prezzo di alcune concorrenti, ma fa anche capire il perché del successo della Duster nei mercati europei.